venerdì 13 agosto 2010

L' uccisore di ombre

Ho letto con piacere questo libro e devo dar merito al suo scrittore, di essere riuscito a creare il prototipo del killer per antonomasia, coniugando alla perfezione l’esigenza letteraria con l’introspezione psicologica, e questo fin dall’inizio, partendo proprio dal suo aspetto fisico “…. lo sguardo anonimo, il volto insignificante. Un uomo normale. Statura media. Corporatura asciutta. Capelli castani tagliati in modo poco vistoso, abbastanza corti ma non rasati. Vestiario sobrio. Niente segni particolari. Niente accento. Invisibile”.

Perfetta e stimolante appare l’analisi che il personaggio fa di se stesso nella ricerca delle radici assassine: “…non bastano l’avvilimento e la nausea a dar ragione o a rendere accettabile e comprensibile una condotta come la mia. Eppure è da lì che tutto comincia ….. mi resi conto che l’alternativa all’annichilimento graduale di una esistenza monotona e assurda era ed è l’altrettanto assurda, ma consapevole, scelta di fare quello che nessuno vuol fare”.

Indubbiamente apprezzabile è la sua forza: Nella mia normalità. Nell’insignificanza del mio aspetto risiede tutto il mio potere. Mi sento invincibile”. “ Mi sento bene. Solo come sono. Senza prospettive, senza domani, senza legacci, senza vincoli, senza regole. Quei dannati burocrati dovrebbero provare come ci si sente ad essere me”.

La sua professionalità: “Tutta la mia attività si basa sul calcolo. Sulla programmazione e la previsione. Sulla consapevolezza dei potenziali pericoli. Sull’assunzione dei rischi calcolati”. ….”Sono una scheggia di perfezione e di integrità. Sono l’esempio di rettitudine in mezzo all’approssimazione, alla distrazione alla disattenzione”.

La sua visione filosofica della vita: “Ho smesso di temere per la mia vita quando ho smesso di credere che avrebbe avuto un senso”.

La sua consapevole analisi: “Non c’è odio, in me. Non c’è rabbia. Non c’è desiderio. Non c’è sentimento né passione”.

Il suo humour: “Per i sicari dovrebbero esserci dei tabelloni come per i pugili. Vinte, perse, ko. Solo che per noi appena una è persa finisce il gioco. E tutte le vittorie sono per ko”.

Antoine è un Killer perfetto!

Bella è la storia. Asciutto e calzante il modo di raccontarla.

A Giorgetti va il merito di aver creato un personaggio con un’introspezione completa, anche se criminale. Di perfetto criminale!

L’unico neo, ma piccolo, sta nell’essersi prolungato in una ricerca di: “come è cominciato tutto”. A mio avviso questa interruzione ha dato una leggera discontinuità all’azione del killer, che alla fine riprende vigore con gli ultimi capitoli nel perfetto stile del romanzo noir.

Ivo Ginevra

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