lunedì 12 maggio 2014

Acque torbide per l'investigatore Astengo

 A. Novelli - G. Zarini
Fratelli Frilli Editori
Anno 2012
Pagine 166
 
Recensione di Ivo Tiberio Ginevra
pubblicata su www.thrillercafe.it
 
Leggo da un’intervista fatta al duo Andrea Novelli e Gianpaolo Zarini, che nel loro ultimo romanzo Acque torbide per l’investigatore Astengo hanno voluto sperimentare il genere hard-boiled perché “ci mancava“, perché a loro “piacciono le sfide e provare a cimentarsi in diversi tipi di scrittura“, e perché per la prima volta ambientano un loro romanzo in Italia dato che tutti i precedenti hanno avuto una ambientazione all’estero.
Insomma una sfida tutta italiana al genere tipicamente americano dell’hard-boiled. Una sfida tosta, cazzuta direi restando in tema, perché questa tipologia di romanzi oltre a un linguaggio in prima persona difficile da sviluppare ha degli stereotipi, o meglio delle regole, alle quali bisogna necessariamente ubbidire per rientrare nel genere. Badate che si parla di personaggi come Marlowe o Sam Spade, creati da maestri incontrastati, del calibro di Raymond Chandler e Dashiell Hammett. Un confronto non da poco.
Per scrupolo, prima di leggere il libro, mi sono rispolverato le regole dei romanzi hard-boiled senza scordarmi che l’unica cosa diversa che avrei trovato fin dall’inizio sarebbe stata l’ambientazione, ovviamente non americana ma Italiana.
La scelta del duo letterario è caduta su Genova. Città inusuale nei nostri romanzi di genere. Con i suoi carruggi, la zona del porto e quella residenziale è di sicuro un punto a favore. “Ottima per un noir”, mi sono detto: “Generalmente abbiamo una stragrande maggioranza d’ambientazioni a Bologna che quasi quasi mi dovrebbero dare la cittadinanza onoraria”.
Ok, Fortuna audax eccetera eccetera, quindi ho iniziato la lettura.
Le prime quattro righe sono del tutto inequivocabili su quello che hanno voluto fare i due scrittori: “La maggior parte dei clienti comincia con l’inondarmi la camicia di lacrime o con il ringhiarmi in faccia perché io capisca subito chi comanda, ma di solito finiscono con il diventare ragionevoli, se sopravvivono.
Parole di Phlip Marlowe. Parole di Raymond Chandler.
E poi: “Me ne stavo appoggiato ad una colonna con quel libro in mano, Il grande sonno di Chandler. L’avevo da anni nella libreria del mio ufficio senza averlo mai letto. Lo tenevo per fare bella impressione sui clienti. Quel giorno lo avevo preso come involucro per metterci….

Il protagonista.
Dopo poche pagine gli ingredienti dell’hard-boiled americano compaiono tutti, dalle tonnellate di sigarette fumate una di seguito all’altra, ad una pessima dieta alimentare che farebbe inorridire il migliore degli igienisti.
Astengo è un investigatore privato. È un ex sbirro. Ha un rapporto conflittuale con la polizia, collaborativo, ma non molto perché il suo carattere schivo, disilluso, ironico, cocciuto, cinico ed egoista lo porta ad agire da solo, pertanto è abbastanza antipatico a molti.
Astengo è uno che se ne frega del giudizio degli altri, dell’umanità intera. Lui è un lupo solitario, vive da solo, non ha amici, e anche se i suoi creatori non lo scrivono, Astengo non è in grado di cucinarsi neanche un uovo fritto.
Astengo non è quello che si può definire un buon partito perché è totalmente inadatto alla vita matrimoniale, genitore, poi, neanche a parlarne.
Astengo è interessato solo a belle donne; bionde fatali, dark lady, meglio se clienti della sua agenzia d’investigazioni.
Astengo odia le relazioni sentimentali, per scelta perché è un disilluso.
Astengo lavora all’ultimo piano del lussuoso palazzo Doria-Danovaro (eredità di un lontano parente) ed ha una sventola di segretaria.
Astengo ha un’attività che va male; non che desideri o mai abbia desiderato incarichi gloriosi, ma oramai si è ridotta a semplici operazioni di “annusapatte”. Documentare l’attività amatoria del coniuge infedele. Cash e via! Ma gli girano sempre pochi soldi per le mani.
Astengo ha un linguaggio gergale che si esprime soprattutto quando interagisce con il suo principale collaboratore/informatore.
Astengo ha tutti i requisiti di un dannato detective privato dell’hard-boiled americano.
 
L’indagine.
Il copione da rispettare per far parte del genere è quello tipico di un semplice incarico per tirare a campare che nel prosieguo della storia s’ingarbuglia maledettamente riservando, oltre al classico morto non previsto, un finale del tutto inaspettato. E, infatti, l’indagine di Astengo parte da un banale compito alla ricerca del partner fedifrago, col susseguirsi della monotonia di appostamenti dietro le porte di villette di periferia, con la relativa consegna delle fotografie del tradimento al
coniuge/cliente, eccetera, eccetera, ma finisce alla ricerca dell’assassino proprio del coniuge che l’investigatore andava tampinando, con dentro il calderone, belle donne, sesso, soldi, e ricatti in un susseguirsi di colpi di scena finali.
Ok! Ingredienti e modalità di cottura ci sono tutti e in perfetto stile hard-boiled!
La scrittura.
Andiamo ora alla mano del cuoco, o meglio dei cuochi. Vediamo com’è scritto.
Prima persona d’obbligo, e trattasi di una gran bella prima persona. Ritmo serrato, intimista e moderato, pathos, atmosfere ben definite, dialoghi diretti, accurati e verosimili. Menzogne, dubbi. Amarezza. Buono il rapporto con il lettore. Ottimo lo stile. Lettura veloce. Perfetto. Cotto e mangiato in due giorni.
Conclusioni.
Sì, Acque torbide per l’investigatore Astengo è di sicuro un hard-boiled. Stile, trama e personaggi sono all’altezza. Se gli autori avevano concepito il romanzo come una sfida, l’hanno vinta di sicuro, ma detto così sembrerebbe che il duo Novelli Zarini si sia limitato ad una scopiazzatura dei copioni americani, e invece, No. Non è così e non fraintendiamo assolutamente. I due scrittori liguri hanno solo obbedito alle regole fondamentali e obbligatorie del genere, ma il nostro Astengo a ben guardare è proprio nostro. È Italico. Unico. Unico perché alla fine, non è un vero duro. Non è un macho e spara poco, o meglio, non spara affatto perché spesso non ha neanche il revolver. Lo dimentica in un cassetto o non lo vuole portare affatto, anche quando in ballo c’è il rischio della vita. Però con se porta sempre un’arma, efficace e tagliente come una lama: “L’ironia”. Quella forte ironia mischiata al senso dell’umorismo spiccato in qualsiasi occasione. Astengo ha un alto senso della giustizia ed è un antieroe verosimile, immerso in storie altrettanto credibili prive di serial killer o descrizioni cruente. Immerso nell’italica speculazione edilizia, nello storico inquinamento delle coste più belle del mondo, nella malsana ragione degli interessi politico-criminali.
Astengo non vuole piacere. Non ci tiene. È sincero. È leale e anche se cerca di passare per un duro alla fine è tradito dal suo buonismo e dalla sua simpatia, e poi è un personaggio moderno, ricco delle contraddizioni dell’uomo d’oggi e soprattutto è perfettamente integrato nella sua Genova che vive in ogni dove e in ogni poro della pelle, e Genova è il vero co-protagonista alla pari del romanzo. E non ci sarebbe Astengo, o meglio, un Astengo credibile senza la sua Genova. Questa Genova. Misteriosa e vera. Ecco! Sì. Ho capito perché mi è piaciuto: Astengo è italico.
Acque torbide per l’investigatore Astengo è un bel libro. Ve lo consiglio e soprattutto leggete italiano. Noi sappiamo fare anche un buon hard-boiled. Provare per credere.

Alcazar ultimo spettacolo

STEFANIA NARDINI
Edizioni e/o Collezione Sabot/age
Anno 2013
Pagine 255
 
Recensione di Ivo Tiberio Ginevra
 
Alcazar, di Stefania Nardini, è un gran bel romanzo sospeso fra finzione e realtà.
Una realtà storica inusuale per un’opera narrativa italiana, ma così ben documentata da potersi considerare come un romanzo storico del tutto riuscito. È inusuale perché l’azione si svolge nel 1939, anno diciottesimo dell’era fascista, tra Roma, Napoli e Marsiglia e in particolare studia a fondo la città francese di quegli anni con tutte le sue profonde contraddizioni, in una bailamme storica scandita dagli avvenimenti che a breve precipiteranno nel buio della seconda guerra mondiale.
Leggere questo libro è stato per me un vero arricchimento culturale perché sconoscevo (come la maggior parte degli italiani) molti degli avvenimenti storico/politici della Francia del ’39, in particolare di Marsiglia, peraltro messi in rapporto con la situazione evolutiva italiana dell’epoca. La scrittrice, è stata molto brava nel narrare gli eventi con naturalezza, senza affannarsi in particolari spiegazioni, o in forbite ricostruzioni storiche, dando al lettore solo gli stimoli per poter arricchire il suo bagaglio culturale con delle ricerche da sviluppare a parte (e che sinceramente consiglio, per meglio gustarsi il romanzo e soprattutto, capire il gran lavoro di meticolosa ricostruzione storica svolto da Stefania Nardini). Grazie a Lei, oggi conosco l’OVRA con le sue nefandezze, Philippe Pétain e il governo di Vichy con il sogno di “deportare tutti gli ebrei dell’Europa occupata sull’isola del Madagascar, colonia francese, per farne una riserva giudea”, la resistenza dei marsigliesi all’occupazione nazista, e il clima di tensione fratricida che ha regnato in quel tempo.
Grazie a Stefania Nardini conosco, anche e soprattutto, Marsiglia come una “città italiana” popolata da esuli laziali, campani e piemontesi, fuggiti dalla patria fascista regolata da insulse leggi razziali, e dalla miseria più nera, posti innanzi al difficile obbligo di scegliere fra la doppia cittadinanza quella alla quale appartenere per sempre innanzi all’immediatezza della guerra. Scelta ridotta in seguito al semplice sottoscrivere una “dichiarazione di fedeltà” alla Francia benevola che li ha ospitati e che, dati gli avvenimenti, li vede come potenziali nemici.
Grazie a Stefania Nardini, conosco meglio Marsiglia con il suo Mistral, il suo porto, i suoi boulevards e Notre Dame du Mont. Il suo sfregio dovuto ai bombardamenti tedeschi e la balorderia dei gruppi criminali italo/francesi, i “caids”, che governano la città con le loro attività illecite del traffico d’armi, e della prostituzione, con i relativi regolamenti di conti, e che tramite il porto gestiscono ogni tipologia d’affare illecito, da quello romantico dell’olio e del parmigiano, a quello della droga che poi diventerà il business del secolo.
Ma non solo. Sempre grazie alla scrittrice romana ho conosciuto meglio una realtà artistica/culturale tipica dell’epoca, come quella del teatro d’avanspettacolo. Con i suoi lustrini, e i suoi spettacoli di magia e trasformismo. Ne ho respirato l’aria frivola delle sue ballerine, o quella furba dei suoi impresari, o quella divorata dal fuoco dell’arte dei veri artisti.
E soprattutto grazie a Stefania Nardini ho letto un bel romanzo corale con protagonisti dai tratti psicologici completi e ben delineati, immersi in una storia fresca e del tutto credibile, narrata con sapiente e rara sensibilità, del tutto umana, senza mai usare parole fuori luogo. Senza alcuna sbavatura o volgarità, a tratti poetica ed emozionante. Su tutti il capitolo “Tritolo” degno di far parte di una antologia per studenti delle scuole superiori.
Alcazar è la storia di una travolgente incondizionata passione amorosa, di una smisurata e nobile amicizia, di un amore filiale e coniugale sconfinato. Alcazar è un romanzo di valori e grandi sentimenti sempre narrati con semplicità, moderazione e tanta classe stilistica. E poi, ancora, Alcazar tratta alcuni temi sgradevoli come l’omofobia e l’antisemitismo, attuali oggi come allora, e sui quali è importante insistere per sviluppare meglio le coscienze di pacifica condivisione.
Cos’è Alcazar, cosa rappresenta e rappresenterà nella sua trasformazione, mi si passi il vezzo di non spiegarlo al solo scopo di costringervi a questa lettura che consiglio vivamente, ma prima, per meglio penetrare lo spirito, respirare il tempo e girare la chiave che apre la porta attraverso la quale si torna indietro di settant’anni, ascoltate alcuni brani musicali citati dall’autrice, che delineano il contesto storico dell’epoca. Canzoni come “Non dimenticar le mie parole” o “Parlami d’amore Mariù”. Così, immersi nell’odore della brillantina Linetti e delle alici fritte, sferzati dal Mistral o cosparsi dalle nuvole di fumo emesse da grandi e lunghi bocchini, gusterete ancor di più “Amapola”, la canzone d’epoca e colonna sonora dell’intero romanzo, che sicuramente vi accompagnerà per tutto il tempo della lettura, e che partirà in automatico nelle vostre menti, ogni volta che vedrete il viola della copertina. Allora un sorriso di piacere vi prenderà il cuore. Il sorriso del ricordo di aver letto un buon libro.