di Ivo Tiberio Ginevra
pubblicata su www.thrillercafe.it
Ritengo che intervistare
Rosario Palazzolo sia una cosa particolarmente complessa, perché complesso è
l’uomo con tutta la sua opera letteraria (L’ammazzatore – Concetto
al buio – Cattiverìa pubblicati tutti con Perdisa Pop) e la sua
opera teatrale di attore, regista e drammaturgo (I tempi stanno per cambiare – “Trilugia dell'impossibilità” Ouminicch' – 'A
Cirimonia” – Letizia forever
e Dittico Del Disincanto – Visita guidata e Tauromachia).
Ma io che lo conosco e
posso parlare di lui, dico che è una persona brava, stramba e generosa. E in
ogni caso è un uomo geniale. E a una persona così, che intervista si può mai
fare? Una di quelle classiche sui suoi libri? Una di quelle stupide sui suoi gusti?
Oppure una a metà fra le due e chiedergli pure alla fine che cosa farà, o quali
sono i suoi progetti futuri ecc. ecc.. No! A Rosario Palazzolo facciamo solo
un’intervista singolare, perché Lui, da Singolare, sa bene cosa rispondere,
così conoscete meglio l’uomo e il genio.
E mi permetto pure di far incavolare Cecco Angiolieri massacrandogli la sua
S'i fosse foco
D - S'i fosse foco?
R – Direi
cose infuocate, sempre, e con una lingua assai biforcuta, pure, e smetterei di
starmene per i fatti miei e soprattutto smetterei di dirmi che in fondo stare
per i fatti miei è la cosa che preferisco ché in realtà non la preferisco
proprio, come cosa, o perlomeno non più e non meno delle altre cose che
preferisco ché se proprio dovessi ammetterlo direi che di cose che preferisco
ce ne sono parecchie ma da un po’ è come se tutti pensassero che mi piace stare
per i fatti miei e Lasciatelo perdere quello, dicono, Perché è uno a cui piace
stare per i fatti suoi, e invece, se fossi fuoco, ecco se fossi fuoco, mi
piacerebbe starmene a lungo nei fatti degli altri, e bruciare tutte le idiozie
dei fatti degli altri, specie di alcuni altri, i quali vivono come se la vita
li riguardasse più di ogni altro e politicano e s’azzuffano e sermonano e se è
il caso urlano che il mondo non li vuole ché il mondo è troppo cattivo, il
mondo, e non li accetta così come sono e invece il mio fuoco li farebbe proprio
così come sono, niente.
D - S'i fosse vento
R – Volerei da tutte le parti e guarderei da tutte le parti, in tutte le
parti di tutte le parti, e in tutte le parti, certamente, scorgerei qualcosa
d’interessante e di nuovo ma pure di vecchio, soprattutto di vecchio,
scorgerei, quasi da tutte le parti, e perciò mi convincerei che in fondo volare
da tutte le parti non è poi quella gran cosa che ci figuriamo quando sospiriamo
Oh se potessi volare da tutte le parti, e che volare da tutte le parti non è
altro che volare da tutte le parti, mi direi, solo una risposta banale alla
necessità che proviamo di volare da qualche altra parte, una necessità
definita, voglio dire, che immediatamente ingigantiamo perché è l’indefinito il
luogo che davvero agogniamo, il maledetto luogo agognato, ecco perché è da un
po’ che tengo le finestre chiuse, io.
D - S'i fosse acqua?
R – Mi racchiuderei, mi delimiterei, mi farei acquitrino o stagno al
massimo palude ché se uno è acqua mica può urlare al mondo intero Io sono
acqua, e fare le cose tipiche da acqua come esondare e distruggere ché la
natura già ti ha fatto acqua e questo dovrebbe bastarti e avresti solo
l’obbligo di ringraziare la natura che ti ha fatto acqua, e per niente al mondo
dovresti permetterti tutta la tracotanza tipica dell’acqua come esondare e
distruggere, anche perché già ce ne stanno parecchi che pur non essendo acqua
lo stesso esondano e distruggono e si comportano da acqua e sussurrano Io sono
acqua con una supponenza talmente ruffiana e una ostentazione talmente volgare
e una ritrosia talmente sciocca che a te che non sei acqua ti viene voglia di
deumidificarti continuamente, per precauzione.
D - S'i fosse Dio?
R – Godrei moltissimo nel moltiplicare i pani e i pesci e i vini e amerei
soltanto le moltiplicazioni e sopprimerei le divisioni e le addizioni e le
sottrazioni perché non servono un granché a volerci riflettere nella vita di un
dio ché nessuno s’impressiona col due più due oggidì, e me ne starei seduto a
sghignazzare delle reazioni umane ché farei piangere tutte le madonne, ridere i
cherubini e dall’alto dei cieli tuonerei una volta ogni tanto In verità in
verità vi dico e sarei un professionista dell’invenzione, creando sempre frasi
molto sibilline e fulminerei a campione l’umanità un poco qui e un poco là come
una sorta di tiro a segno ché oggi morirebbe un buono e domani un cattivo o
viceversa, stando attento a non fornire elementi per eventuali misurazioni
morali perché in definitiva sarebbero ugualmente tutti buoni e tutti cattivi,
per me, gli uomini, e perfino i cattivissimi e i buonissimi non sarebbero
differenti davanti ai miei occhi, che poi sarebbe grazioso averceli, gli occhi,
ora che ci penso, se fossi dio.
D - S'i fosse papa?
R – Mi
abolirei.
D - S'i fosse imperator?
R – Farei sempre la guerra, solo la guerra, e direi al popolo Popolo
occorre amare la guerra, e il popolo amerebbe la guerra, sicuramente, ché
solitamente il popolo ama la guerra, sempre, anche se urla pubblicamente Io
odio la guerra, lui, il popolo, la ama, forse perché è l’unico modo, la guerra,
per essere popolo fino in fondo, veramente, testa e piedi, e difatti quando non
c’è una guerra il popolo non fa per niente il popolo o almeno fa il popolo come
se non esistesse alcuna popolazione e pensa a se stesso come se fosse il solo
essere in vita, come se fosse il popolo di se stesso, come se la sua casa fosse
l’unico regno possibile, l’ascensore un luogo per negoziare l’appartenenza a un
condominio di cui si è gli unici apportatori di grazia e educazione e
intelligenza e Finché ci sono io questo sarà un luogo migliore, difatti, pensa,
il popolo individuale, e si batte per tutte le cause che lo riguardano, e certe
volte si spinge persino fuori regno, sentendosi popolo con qualcun altro solo
dopo i dovuti accertamenti, e grida e si dimena e piange la disperazione del
mancato raggiungimento di un sogno, del mancato appagamento, del mancato
riconoscimento, e insomma se ci fate caso il popolo si fa popolo solo quando
gli manca qualcosa, e ecco che io, se fossi imperatore, gli darei la guerra,
ogni santo giorno, al popolo, solo per il suo bene, naturalmente.
D - S'i fosse morte?
R – Non
mi sentirei morte, a onor del vero, ma ideatrice di stratagemmi, organizzatrice
di diversivi, e farei le cose che fa la morte con estrema precisione, scindendo
l’etica dall’estetica, e ogni morte sarebbe un artifizio incredibile,
porterebbe il segno della mia creatività, e studierei nuovi modi, nuove
opportunità, e comprerei molto spesso la settimana enigmistica, probabilmente,
leggendo e rileggendo la rubrica “Forse non tutti sanno che” alla ricerca di
una qualche ispirazione, e non sarebbero certo i pianti di chi resta a
offendermi, ma la mancanza di sportività di chi parte.
D - S'i fosse vita?
R – Farei
tale e quale alla morte, solo con qualche scongiuro in più.
D – S’i fosse Rosario Palazzolo
R – Direi sì e poi no e poi forse e amerei e odierei alla stessa maniera le
stesse persone e non mi sentirei di appartenere a nessun ideale e non tanto per
un fatto morale, semplicemente per pigrizia ché appartenere a fatti ideali
comporta una fatica e una pazienza e un tradimento che non saprei tollerare, e
mi dimenerei soltanto per le cause perse ché tanto sono già perse e non dovrei
metterci nulla di mio e per lo più starei zitto e mi occuperei delle cose che
più detesto e soffrirei di una gastrite incurabile, perciò, che nessun
omeoprazolo potrebbe curare e ogni cosa mi sembrerebbe solo una maledetta
perdita di tempo e perderei tutto il mio tempo, dunque, per ogni cosa, ché il
tempo è l’unica cosa che ci è dato perdere, tolte le chiavi, e soprattutto, se
fossi rosario palazzolo, accetterei
di rispondere a interviste come questa, e lo farei di domenica pomeriggio,
probabilmente.
Intervista di Ivo Tiberio Ginevra