giovedì 30 gennaio 2014


Il Commissario Cazzavillani "Lo scuorno della giustizia"

Oreste Patrone

Lo trovate su Amazon
 
Recensione di   pubblicata su www.thrillercafe.it
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Recensisco volentieri “Lo scuorno della giustizia” di Oreste Patrone e per mia onestà intellettuale e per il rispetto di chi legge, premetto:
che io sono amico dello scrittore;
che Oreste Patrone è un collaboratore di Thrillercafè;
che questo è un libro autopubblicato;
e che io non ho alcun pregiudizio per i libri autopubblicati perché se uno scritto è buono, a me non importa altro.
Detto questo, lo recensisco con piacere dato che questo è un buon libro, rifuggendo da ogni polemica e trattandolo solo per quello che è, e ripeto: un buon libro.
Lo scuorno della giustizia di Oreste Patrone è la pubblicazione dei racconti del Commissario Cazzavillani. Lo so. Avete ragione. Cazzavillani non si può dire, suona proprio male, è un’indecenza, poi nome e cognome messi insieme sono un disastro: Evaristo Cazzavillani. Eppure il Cazza, come lo chiamo io affettuosamente, ha un qualcosa che ti piglia subito. Ti affascina, ti graffia, ti centra dritto al cuore creando una sana dipendenza, e per di più ti affezioni sul serio a quest’atipico personaggio, perché il Cazza è unico ed è tutti noi, così come alle volte, o almeno una volta sola nella nostra vita vorremmo essere.
Il personaggio nasce sul blog di Oreste Patrone, dove l’autore per diversi mesi ha postato quasi ogni giorno i racconti del commissario Cazzavillani (ecco spiegato il motivo della dipendenza). Diciamo pure, che per mesi e stato come una striscia giornaliera che io personalmente ho atteso con piacere, perché già dal terzo racconto avevo bisogno della dose di buon humour nero quotidiano di questo strambo commissario dell’immaginario comune di Teresina a Mare, in provincia di Caserta, definito dal suo stesso Questore come “la vergogna del corpo della polizia”. E il Cazza non solo è strambo, perché irritabile senza ragione, o svogliato fino all’inverosimile, o peggio ancora: opportunista. Il Cazzavillani è unico, perché è del tutto sprezzante. La sua completa visione dell’esistenza giornaliera è sprezzante, cinica e sfrontata. Rasenta di continuo la demenzialità, o l’imbecillità più assoluta facendo anche il verso ai più blasonati commissari della letteratura, ma sia chiara sempre una cosa: Cazzavillani non è uno stupido! Sa sempre bene quello che fa.
I racconti, o meglio, gli episodi di vita contenuti ne Lo scuorno della giustizia, sono 24. Sono brevi. Vanno dalle 3 alle 8 pagine e sono scritti in un confidenziale stile parlato, quotidiano e sintetico. E tutti, dico Tutti, riescono sempre a strapparti un sorriso o anche una risata. Demenziale, o ironica, profonda o spiazzante. Una risata a volte inopportuna, ma del tutto coerente con il personaggio, e il suo creatore è bravo nel saperla amministrare, perché non la cerca sempre e in ogni caso. E anche se qualunque racconto termina con ilarità, o con una smorfia di forte sarcasmo, resta sempre in chi legge la disarmante ragionevolezza, che tutto questo ci sta sempre bene, perché è giusto così, nella sua episodicità spontanea e logica.
Il Cazzavillani è un quarto d’ora d’intelligente divertimento pieno d’ironia, con battute e riflessioni rapide e azzeccate che fanno inghiottire la pillola amara delle tante storture della moderna quotidianità con un sorriso. Un semplice sorriso che si trasforma in appuntamento col buonumore.
Dire che lo consiglio è poco. Amatelo!
Bones
Quando non è impegnato a dare la caccia ai malviventi, Cazzavillani trascorre le sue serate a casa, per lo più a guardare la televisione. È un grande patito delle serie americane. Una che gli piace assai è Bones.
Temperance “Bones” Brennan, è una brillante antropologa forense specializzata nell’analisi dei resti umani.
Il commissario Cazzavillani, ogni volta che la vede in televisione, fa dei pensieri che con la morte non c’hanno niente a che vedere. Diciamo che ci farebbe sesso sfrenato sopra il tavolo di acciaio inox della sala autoptica con tutti gli scheletri attorno ad applaudire la sua prestazione.
Oltre ad essere sexy, la dottoressa Brennan ci sa fare coi morti: guarda un teschio per un paio di secondi, magari uno vecchio di trent’anni, e ti dice sesso, età, causa della morte e programma televisivo preferito.
È forte, la dottoressa Brennan. Al commissario Cazzavillani ci piace assai.
Poi c’è la sua collega, Angela, che mette tutto dentro un computer e fa il manichino tridimensionale del cadavere morto com’era da vivo, tale e quale. Talmente preciso che ci potrebbero fare la foto per la patente. Se fosse vivo, chiaro.
Pure lei è niente male. Pure con lei il commissario ci farebbe un po’ di pratica. Un bel po’, per dire la verità.
A quel punto, un pensiero più indecente s’insinua nella mente del commissario: Angela e Temperance… insieme!
No, non è il caso. L’unica speranza di finire nelle mani delle due antropologhe del Jeffersonian Institute è da morto e Cazzavillani non ci tiene, così si da un’energica grattata all’apparato forense e spegne la televisione. E statt’ bones.
Lo trovate su Amazon.

Le geometrie dell'animo omicida

   
  Le geometrie dell'animo omicida
  Monica Bartolini
  Scrittura e Scritture Edizioni
  Anno 2013
  Pag. 219
 
Recensione di Ivo Tiberio Ginevra
pubblicata su www.thrillercafe.it 
 
La prima impressione che ho avuto leggendo il libro di Monica Bartolini è stata quella di sentirmi in famiglia. La famiglia del maresciallo Piscopo per l’esattezza. Napoletano doc a lavoro nella mia splendida Sicilia. Molto interessante, un gran miscuglio di quotidiana meridionalità.
Una gran bella famiglia la sua. Con il figlio, Francesco, promettente allievo della Scuola per marescialli a Roma e insoddisfatto del suo lavoro, che da orgoglio paterno si trasforma in spina nel fianco. Con Pina, sua moglie, donna di casa all’antica, chioccia e complice del marito. E soprattutto Tina, altro orgoglio di papà Nunzio, che all’occorrenza sa improvvisarsi valente, quanto improbabile investigatore, e quindi anche più spina nel fianco di suo fratello Francesco nel sensibile sistema nervoso del maresciallo Piscopo, alle prese con un’indagine particolarmente delicata. Ecco perché quando mi hanno detto cosa pensavo di questo libro ho risposto: “Uno legge un giallo e gli pare di stare in famiglia”. E, attenzione, io di famiglia fino a ieri avevo solo quella di Vigàta.
L’indagine è molto attuale e verosimile. Si tratta dell’omicidio di una giovane donna ritrovata all’interno di un’auto bendata e con le mani e i piedi legati. Un enigma complesso senza un movente palese. Un’indagine che si complica nel suo svolgimento, grazie anche ad un affascinante giornalista ficcanaso, che a sua volta cerca di scoprire la verità. Tutto normale, in fondo. La cosa insolita, ma del tutto insolita, è che oltre a questi due tradizionali metodi d’indagine se ne affianca uno del tutto anomalo: “L’astrologia”. Metodo diametralmente opposto ai due precedenti e al contempo privo di credibilità, a meno che le mappe astrali dei personaggi non siano azzeccate e frutto di una profonda conoscenza della materia, che applicata alla vicenda portano alla risoluzione del caso.
Personalmente ritengo geniale l’aver concepito l’astrologia quale metodo d’indagine nel panorama della letteratura gialla, oltre a rappresentare una gran ventata di freschezza innovativa. Un’idea vincente fino ad ora neanche pensata e sì che tra finzione e realtà siamo abituati a tutto, dalla presenza di medium ricchi di percezioni extrasensoriali a improbabili consulenti satanici. Beh, da oggi almeno nella fantasia, c’è anche l’indagine astrologica prospettata in modo semplice ed efficace, dalla penna fluida e originale di Monica Bartolini.
Altro punto di forza de Le geometrie dell’animo omicida, è l’introspezione psicologica dei personaggi narrata con semplicità razionale, disarmante e del tutto completa, con un linguaggio talmente scorrevole da far sentire il lettore, solo dopo poche pagine, padrone delle dinamiche dell’indagine e amico di vecchia data della famiglia Piscopo, con la rara naturalezza di essere presente e parte della storia, che non è mozzafiato, o ricca di colpi di scena magistrali, ma soltanto semplice, dato che si adatta perfettamente alla realtà italiana degli ultimi anni.
I miei complimenti a Monica Bartolini e ai suoi audaci editori, ora però, aspetto il prossimo libro per ritornare a casa, nella mia adottata famiglia Piscopo.