martedì 7 febbraio 2012

PERCHE' NO

CRISTINA ZAGARIA
EDIZIONI PERDISA POP
ANNO 2009

 
Recensione di Ivo Tiberio Ginevra
pubblicata su thrillerpages.blogspot.com

Ho sempre avuto un’attrazione per quei libri di poche pagine che all’interno racchiudono grandi contenuti, pertanto, se da naufrago mi aggiro negli scaffali di una libreria alternativa e mi trovo dinanzi ad una copertina accattivante, con i suoi bei colori e una veste grafica ricercata, una casa editrice che è sinonimo di serietà e avanguardia, un titolo intrigante, e per finire una scrittrice che è anche una gran bella donna… resto senza nuove scelte e procedo subito all’acquisto. Eccovi spiegato come il libro di Cristina Zagaria è finito nelle mie mani con quasi tre anni di ritardo, ma in compenso Perché no, l’ho letto e riletto fra sabato e domenica.
E sono stato subito costretto a rileggerlo, perché le sue cento pagine me le sono bevute in un sorso e non ho avuto il piacere di godere appieno di tutti quei meravigliosi particolari che lo fanno un libro eccellente, insieme alla sua costruzione, semplice e concatenata al tempo stesso.
Il romanzo è ispirato da un fatto di cronaca realmente accaduto nei vicoli di Napoli (una maestra di scuola elementare è rapinata per strada da due suoi ex alunni) e tutto parte intorno alle otto di mattina, quando Daniele, un ragazzino di tredici anni del rione Sanità, decide di marinare la scuola insieme al suo coetaneo Francesco, perché devono fare una cosa importante. Devono diventare ommini. Uomini! A tredici anni. E per far questo devono compiere una rapina perché Mario ha garantito a Francesco che se il colpo va bene, ci presenta gli amici di suo padre, ci fa entrare nel sistema e cominceremo ad avere dei compiti. All’inizio poca roba, ma saremo leali, affidabili e presenti, sarà tutto in discesa. Lui dice che è un bene cominciare quando si ha la nostra età. Sono due i vantaggi. Per la legge non siamo adulti, quindi abbiamo molte più libertà e ai grandi serviamo. E poi perché, quando arrivi a diciotto anni, hai già una carriera, un curriculum, non sei l’ultimo arrivato.
Da contro altare a queste figure negative c’è la vittima, la maestra Adriana, con un marito in cassa integrazione nello stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco ed un padre allettato a causa di una malattia incurabile. Una vita, la sua, fatta di lavoro, affetti sinceri e sacrifici.
Perché no, è un racconto verista, dove si respira l’odore della povertà e il sapore delle espressioni dialettali, travolti da un ritmo narrativo dettagliato e intenso dato proprio dalla brevità del racconto. L’azione stessa si compie in una sola giornata, anzi, in meno delle canoniche 24 ore e questo fa aumentare di molto il pathos della lettura.
Perché no, non è solo un semplice romanzo di denunzia sociale sulla delinquenza minorile di Napoli, non è solo la storia di una rapina andata a male, ma è una radiografia completa e impietosa del malessere di una città, narrata senza alcun taglio giornalistico e soprattutto senza alcuna retorica, senza alcun canone stereotipato, senza la solita mercificazione dei problemi partenopei. Solo la storia, nuda e cruda, che ti colpisce dritta al cuore o se preferite al cervello. Che ti lascia partecipare senza aver drammatizzato il racconto, perché tutto è la lucida fotografia non del singolo fatto, non di una sola città, ma di un popolo intero, perché Napoli siamo tutti noi.
Noi non possiamo essere indifferenti a questa tragedia giornaliera e la scrittrice fa vivere il nostro disinteresse trasportandoci come personaggi all’interno della storia, ora come “una donna che stava uscendo da un fioraio, che rientra dentro”. Oppure “Poco più avanti” come “una coppia di anziani che rimane ferma sulla soglia del portone. Né dentro né fuori”. Ora “Sull’altro marciapiede” dove “vedo due signore affrettare il passo”.Oppure su “Uno scooter” che “passa a cinque centimetri da noi”. “C’è gente in giro che cammina accanto a lei”.
Indifferenza.
E peggio ancora è quando la Zagaria ci fa partecipi del dramma come “il fioraio” che “si volta e scompare nel negozio”. Oppure come “la coppia di anziani che finalmente si muove dalla soglia del portone e s’incammina verso la scuola, con la testa alta e lo sguardo fisso in avanti”.
La noncuranza signori. Ma riflettete bene su questa noncuranza. Se volete chiamatela pure indifferenza, disinteresse, insensibilità, ma non scordate che questa cosa non vive solo a Napoli.
Per finire leggo dalla biografia di Cristina Zagaria che non è napoletana, e non posso fare a meno di complimentarmi con lei, per come ha fatto parlare le strade di Napoli e soprattutto per come i suoi odori si sono trasformati in schiaffi.
Brava.
Ivo Tiberio Ginevra

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