martedì 25 marzo 2014

Il brigante e la mondina

 
UMBERTO DE AGOSTINO
Fratelli Frilli Editori
Anno : 2013
 
Recensione di IVO TIBERIO GINEVRA
Pubblicata su www.thrillercafe.it
 
Giallo storico dal carattere originale al sapore di riso.

 È il 1902. Il brigantaggio è ancora presente in tutta la nostra penisola. Anche la Lomellina non fa eccezione. Uno dei suoi personaggi di spicco è Francesco De Michelis detto “Biundèn”, nato in provincia di Alessandria (Villania Monferrato il 16 marzo 1871) da padre fornaio e madre mondina. È proprio lui, Biundèn, il brigante realmente esistito, che rivive nelle pagine del romanzo di Umberto De Agostino come co-protagonista insieme alla mondina Gina Provera.
Francesco De Michelis inizia giovanissimo una vita di duro lavoro come conduttore di carri, per poi darsi alla macchia a causa di un duplice omicidio che lo vede coinvolto. Successivamente entra a far parte della banda di Luigi Fiando, noto col soprannome “Moretto” diventando il suo braccio destro. Dopo l’uccisione di quest’ultimo, segue la sua condanna all’ergastolo in un processo che lo vede contumace e la fuga in Emilia, per poi tornare nelle sue terre e riprendere il brigantaggio con una nuova banda. Muore nel giugno del 1905, ucciso in un conflitto a fuoco da un carabiniere che non l’aveva riconosciuto come il Biundèn, ma scambiato per un semplice ladruncolo in una cascina in occasione di una festa fra mondine.

 De Michelis, però, non è un bandito nel senso classico del termine. È piuttosto cortese di modi e d’aspetto, anzi bello e vestito elegantemente. Questo gli vale anche il soprannome di Passator delle risaie, ad imitazione del più famoso Passator Cortese dell’Emilia. La sua capacità di saper scappare dagli arresti prendendosi gioco dei carabinieri, contribuisce ancor di più ad accrescere il mito e il suo fascino, che egli sa alimentare amando molto la vita delle grandi città, le feste e soprattutto le belle donne; l’ultima di queste avventure con una giovane mondina, è la cagione della sua morte.
L’altro protagonista del romanzo, così come dice lo stesso titolo, è la mondina, Gina Provera “la pasionaria”, che contrariamente al Biundèn, è un personaggio di fantasia, ma che racchiude in sè tutte le qualità caratteriali della mondina dell’epoca. Testarda, sognatrice, e al contempo rassegnata e guerriera. Gina in poche parole è tutto questo, e anche più. Gina è un capopopolo che odia i padroni e il loro sferzante potere del lavoro che esercitano in modo disumano. Lei, infatti, lavora tutto il giorno, dalle prime luci dell’alba fino al tramonto e senza pause, senza distrazioni. Come un mulo. Come tutte le mondine di allora.
 Entrambi i protagonisti di questo romanzo vivono e operano nelle campagne della Lomellina, tra Novara, Vercelli, Pavia, Robbio, Vigevano; nella cosiddetta Risaia d’Italia proprio nel periodo in cui si costituiscono spontaneamente i primi sindacati dei lavoratori (Federazione Proletaria Lomellina affidata a Pietro Corti). Nascono anche le prime agitazioni sfocianti in scioperi organizzati che, stranamente non repressi dal governo di Giolitti, sono con forza contrastate dai padroni e dai fittabili, e sfociano in una lotta di classe, ben documentata dai primi articoli sul settimanale di Pavia “La plebe”. Sono queste le prime rivendicazioni sindacali dell’epoca e sono ancora uguali allora come adesso: orario di lavoro non eccedente le otto ore lavorative e commisurate al giusto salario; sicurezza sul posto di lavoro (e all’epoca si stava immersi un’intera giornata chinati nell’acqua infestata da sanguisughe, bisce e zanzare).
In quest’ambiente il brigadiere dei carabinieri Angelo Pesenti svolge le sue indagini sull’omicidio del fittabile Pietro Gusmani (fra un movente politico ed uno passionale) che involontariamente lo porterà sulle tracce dell’odiato Biundèn.
La bellezza di questo libro è tutta nell’accurata ricostruzione di questo clima politico, rurale, tradizionale, impastato da un folklore vivo e quotidiano, ben reso dalla parlata dialettale o dalle canzoni delle mondine che facilitano ancor di più il lettore a compenetrarsi nel periodo storico ed a comprendere le stesse vicende dei protagonisti.
A Umberto De
Agostino va il plauso per questa precisa ricostruzione storica che è un incontrovertibile atto d’amore al suo territorio, nonché il merito di aver saputo miscelare alla perfezione fantasia e realtà, trasportando il lettore in un perfetto clima noir dal sapore rurale.

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