lunedì 4 febbraio 2013

La Fabbrica dei soldi


Donald E. Westlake
Sonzogno editore
Anno 2006

Recensione di Ivo Tiberio Ginevra
pubblicata su www.giallomania.it

Beh! oramai lo sanno tutti. Io adoro Westlake. Donald E. Westlake.

È il mio autore americano preferito. Il perché? Semplice. Nelle sue opere c’è una marea di genio mischiato a un’ironia introvabile in altri scrittori. In ogni suo romanzo nulla è lasciato al caso e il semplice insignificante particolare diventa il dettaglio della quadratura di un cerchio incredibile e fantasioso. Una storia di Westlake è una perfetta bomba ad orologeria che spesso scoppia di nera allegria.

Le sue sono sempre storie di crimine. In particolare quelle con protagonista John Arcibald Dortmunder sono storie di furti. Ehi, non furti normali. Furti che non potete immaginare. Ad esempio in “Meglio non chiedere” rubano una reliquia, in “The hot Rock”, rubano 5 volte di seguito la stessa cosa con piani di una fantasia incredibile e con una costante sempre fissa in ogni sua opera: La Sfortuna. Quella con la “S” maiuscola. Quella nera. Caina. Imprevista. Assurda e sempre presente. Anzi, tutto il filone dei “Dortmunder”, una decina di romanzi circa, ha sempre questa costante persecutoria della Sfortuna e s’inserisce con genialità e simpatia ogni volta sempre diversa, in tutti i colpi preparati da Dortmunder, capo della banda degli ineffabili cinque e cervello d’ogni azione dal furto sopraffino.

Ne La fabbrica dei soldi, Westlake per la prima volta mette il mio (che spero presto diventi anche il vostro) eroe, al soldo di Kirby Querk. Per la prima volta Dortmunder non progetterà alcun colpo e insieme a Andy Kelp l’unico della banda dei 5, sarà pure costretto a lavorare come uno schiavo per fare un colpo facilissimo. “Un colpo silenzioso…Niente ostaggi, niente esplosioni, niente problemi, Dentro, fuori, nessuno se ne accorge. Credetemi, funziona a patto che nessuno si accorga che è scomparso qualcosa”.Rubare una cosa che poi addirittura, neanche se ne sarebbero accorti. Roba da pazzi conoscendo Dortmunder. E lui “…Si stava annoiando. Doveva ammetterlo: si stava proprio annoiando. Di solito in un colpo, ci si riunisce, ci si prepara, ci si organizza, rimane una certa dose di tensione al momento di introdursi nel luogo da rapinare, di arraffare quello che si deve prendere e di tagliare la corda, a gambe levate. Ma non questa volta. Stavolta le porte erano aperte, gli allarmi disattivati, non c’era nessuno in giro. Si entrava a passo di valzer. E non si doveva arraffare niente né scappare a gambe levate.”….. “ Eccolo lì, a fare il palo in un colpo al rallentatore e ad annoiarsi. Era come fare un lavoro vero” ….. “ Sì, era proprio come fare un lavoro vero”. Ma intanto come non accettare? “Dortmunder scosse la testa. – Non so cosa sia. Il fatto è che questo colpo sembra tutto quello che non si deve fare, ma al tempo stesso è perfetto”….

Ma chi conosce Dortmunder sa bene che è un geniaccio e che alla fine troverà il solito sistema per movimentare un po’ la cosa.

Altro non posso aggiungere per non togliere il piacere della lettura, devo però precisare che si tratta di un romanzo breve. Cento pagine circa, a metà strada fra un lungo racconto e un romanzo troppo corto, ma al contempo ricco della profondità di un vero romanzo e diretto come un racconto breve. Genere difficile da scrivere come dice Ed McBain, il curatore della collana Deviazioni dove è stato pubblicato La fabbrica dei soldi. Westlake, da vero scrittore di razza riesce bene anche in questo genere proponendoci un Dortmunder diverso dai soliti e quindi in grado di stupire anche i suoi lettori affezionati.

Un’ultima cosa devo dirla sullo stile semplice, diretto, immediato, privo di qualsiasi retorica che lo scrittore americano imprime alle sue opere, ricche di un umorismo mai villano, sempre presente e dosato nelle giuste quantità. Umorismo impensabile e mai scontato. Umorismo che porta leggerezza ad una lettura da bere in un sorso. Umorismo che ti fa amare i personaggi, la storia, e Westlake in particolare. Umorismo che puoi leggere anche quando hai le palle rotte e il morale irreversibilmente sotto i tacchi.

In conclusione consiglio questo libro, o un libro qualsiasi di Westlake con Dortmunder e la sua banda, per riconciliarsi al piacere della lettura proprio quando tutto il mondo intorno a te gira da schifo, e parlo per esperienza diretta.

Ah, dimenticavo, la traduzione è di Andrea Carlo Cappi. Un gran bel lavoro che ha reso appieno lo spirito e gli intenti dello scrittore americano, indubbiamente la migliore traduzione dei Dortmunder nel sottile tratto psicologico del protagonista.

PS
Però su questo Westlake c’è un piccolo difetto che si concreta nell’eccessivo indugio nelle descrizioni dei percorsi stradali di New York city e zone limitrofe. Forse particolari piacevoli per gli americani del luogo, ma troppo distanti per noi europei intrisi di storia dell’arte ad ogni cento metri.



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